
L’ufficio ibrido è un caos? Il segreto non è imporre turni rigidi, ma progettare gli spazi in funzione delle reali attività del team.
- Focalizzati sul “perché” si viene in ufficio: assegna gli spazi in base all’attività (collaborazione, concentrazione, socializzazione).
- Le riunioni di brainstorming e strategiche richiedono la presenza fisica; gli aggiornamenti di routine possono essere gestiti efficacemente da remoto.
Raccomandazione: Mappa le attività chiave del tuo team e le loro esigenze spaziali prima di scegliere qualsiasi software o definire una policy di presenza.
La gestione dei turni di presenza in un modello ibrido è il nuovo, grande rompicapo per ogni office manager. Da un lato, scrivanie desolatamente vuote il lunedì e il venerdì; dall’altro, una vera e propria “guerra delle postazioni” nei giorni di picco come il martedì e il giovedì. La tentazione è quella di cercare una soluzione rapida: imporre giorni di presenza fissi, implementare il primo software di prenotazione che capita o, semplicemente, sperare che le cose si sistemino da sole.
Queste soluzioni, però, trattano solo il sintomo e ignorano la causa profonda del problema. Continuano a vedere l’ufficio come un contenitore indifferenziato dove le persone “devono” andare. E se la vera chiave non fosse più gestire “chi” e “quando” viene in ufficio, ma orchestrare gli spazi per rispondere alla domanda fondamentale: “le persone vengono per fare cosa?” Questo cambio di prospettiva trasforma l’ufficio da un costo fisso a un catalizzatore di interazioni, uno spazio intenzionale progettato per uno scopo preciso.
Questo articolo non è una semplice lista di consigli, ma una guida strategica pensata per te, office manager, per smettere di gestire le presenze e iniziare a progettare esperienze. Vedremo come analizzare le attività del team, come scegliere le riunioni da fare assolutamente in presenza e come creare una cultura aziendale che attragga i nuovi talenti senza scontentare i collaboratori storici, il tutto nel pieno rispetto delle normative italiane sulla sicurezza.
Sommario: Organizzare l’ufficio ibrido per una collaborazione efficace
- Perché venire in ufficio per fare videocall è la morte della motivazione del team?
- Come implementare un’app di prenotazione scrivanie senza scatenare guerre tra colleghi?
- Brainstorming o report: quale riunione va fatta assolutamente faccia a faccia?
- Il rischio di valutare le persone su “quante volte le vedo” invece che sui risultati
- Quando abbattere i muri per creare aree social diventa necessario per il rientro?
- Come adeguare la postazione domestica ai requisiti di sicurezza sul lavoro (INAIL)?
- Fare tutto insieme o una cosa alla volta: quale approccio chiude i progetti in metà tempo?
- Come costruire una cultura aziendale che attiri la Gen Z senza alienare i senior?
Perché venire in ufficio per fare videocall è la morte della motivazione del team?
Uno degli scenari più frustranti del lavoro ibrido è chiedere ai dipendenti di affrontare il traffico per poi passare la giornata in cuffia, isolati in un open space rumoroso. Questa situazione annulla completamente il valore della presenza fisica, trasformando l’ufficio in una versione peggiore e più scomoda dell’ufficio domestico. Con circa 3,65 milioni di smart worker in Italia nel 2024, secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, ignorare questa frizione significa minare la motivazione e la produttività.
La soluzione non è vietare le call, ma creare un’orchestrazione delle attività. L’ufficio deve offrire ciò che la casa non può: spazi differenziati per esigenze diverse. Un esempio virtuoso è il progetto “Smart Place” della Nuvola Lavazza a Torino, dove il layout è stato ripensato dedicando il 60% dello spazio ad aree collaborative e mantenendo solo il 50% di scrivanie rispetto ai dipendenti. Questo ha permesso di creare una zonizzazione acustica efficace, con aree dedicate al lavoro di concentrazione e altre all’interazione.
Per un facility manager, questo si traduce in azioni concrete per ridurre lo stress lavoro-correlato e ottimizzare gli spazi:
- Creare “phone booth” o piccole sale isolate acusticamente per le videocall individuali.
- Definire “zone silenziose” o “focus zone” per il deep work, con una segnaletica chiara e regole condivise.
- Progettare aree collaborative aperte e informali, dotate di lavagne e schermi, per incoraggiare brainstorming spontanei.
- Implementare un sistema di prenotazione non solo per le scrivanie, ma soprattutto per questi spazi specializzati.
Rendere l’ufficio una destinazione desiderabile significa offrire un ambiente superiore a quello domestico per specifiche attività. Costringere le persone a fare call in un ambiente inadatto è il modo più rapido per far loro rimpiangere lo smart working totale.
Come implementare un’app di prenotazione scrivanie senza scatenare guerre tra colleghi?
L’introduzione di un software di prenotazione scrivanie sembra la soluzione tecnologica definitiva al caos del lavoro ibrido. Tuttavia, se gestita male, può trasformarsi in una fonte di stress, competizione e frustrazione. Il segreto non risiede nello strumento in sé, ma nella strategia di implementazione. Un approccio “tutto e subito” è quasi sempre destinato al fallimento. I dati italiani lo confermano: il 56% delle PMI italiane che ha adottato modelli ibridi ha avuto successo seguendo un’implementazione graduale.
L’approccio vincente si basa su un processo di phasing: si inizia con un progetto pilota su un singolo team o dipartimento. Per 2-3 settimane si raccolgono feedback diretti: l’app è intuitiva? Le zone definite hanno senso? Ci sono colli di bottiglia? Solo dopo aver iterato e ottimizzato il sistema sulla base di questa esperienza reale si procede al rollout aziendale completo. Questo non solo migliora il processo, ma crea anche degli “ambasciatori” del cambiamento.

La scelta del software giusto, ovviamente, rimane cruciale. Deve essere uno strumento che supporta la collaborazione, non uno che la ostacola. Per un office manager, è fondamentale valutare opzioni che offrano flessibilità e dati utili per ottimizzare continuamente l’uso degli spazi.
Ecco una panoramica di alcune soluzioni di hot desking con una buona presenza sul mercato italiano, che possono servire come punto di partenza per la vostra valutazione.
| Software | Caratteristiche principali | Integrazione italiana |
|---|---|---|
| Nibol | Prenotazione a zone, check-in geolocalizzato | Sede Milano, GDPR compliant |
| deskbird | Mappe interattive, analitiche utilizzo | 100% GDPR europeo |
| GoBright | Hot desking avanzato, sensori occupazione | Distribuito da Intermark Sistemi |
Ricorda: l’obiettivo non è controllare chi siede dove, ma dare alle persone l’autonomia per scegliere lo spazio migliore per l’attività che devono svolgere, garantendo al contempo un utilizzo equo ed efficiente delle risorse.
Brainstorming o report: quale riunione va fatta assolutamente faccia a faccia?
La domanda più strategica per un’organizzazione ibrida non è “quanti giorni in ufficio?”, ma “quali attività facciamo quando siamo insieme?”. La risposta si trova nell’Activity-Based Working (ABW), un approccio che allinea lo spazio e la modalità di lavoro all’attività da svolgere. Non tutte le riunioni sono uguali. Una sessione di brainstorming creativa trae un’energia insostituibile dalla comunicazione non verbale, dagli scambi informali e dall’energia collettiva di una stanza. Al contrario, una riunione di allineamento su dati e report può essere spesso più efficiente e documentabile se gestita da remoto.
Come facility manager, il tuo ruolo è fornire gli strumenti e gli spazi per supportare questa logica. La matrice seguente, adattata al contesto culturale italiano dove la comunicazione non verbale è fondamentale, offre una bussola per decidere.
| Tipo di attività | Setting ideale | Motivazione culturale italiana |
|---|---|---|
| Generazione idee/Brainstorming | Presenza fisica | Comunicazione non verbale essenziale |
| Presa decisioni strategiche | Presenza o ibrido strutturato | Necessità di consenso visibile |
| Allineamento/Reporting | Remoto asincrono + sync review | Efficienza e documentazione |
| Team building | Presenza fisica | Costruzione relazioni interpersonali |
Una volta deciso quali attività richiedono la presenza, è altrettanto cruciale gestire in modo inclusivo le riunioni che inevitabilmente saranno ibride. Senza un protocollo chiaro, i partecipanti da remoto rischiano di diventare spettatori passivi. Adottare regole precise è un dovere per garantire l’equità.
Il vostro piano d’azione per riunioni ibride inclusive
- Moderazione attiva: Designare un moderatore dedicato a monitorare la chat e dare la parola ai partecipanti da remoto, assicurandosi che le loro domande non vengano ignorate.
- Tecnologia adeguata: Utilizzare telecamere “center-stage” che inquadrano automaticamente chi parla e microfoni ambientali di qualità per garantire che tutti siano visti e sentiti chiaramente.
- Regole di conversazione: Applicare la regola “prima parla chi è a distanza” all’inizio di ogni punto all’ordine del giorno per prevenire sovrapposizioni e garantire che le voci remote siano le prime ad essere ascoltate.
- Documentazione condivisa: Usare strumenti collaborativi in tempo reale (come lavagne digitali o documenti condivisi) dove tutti, in presenza e da remoto, possono contribuire simultaneamente.
- Ritmo e pause: Strutturare la riunione con pause programmate ogni 20-25 minuti per fare un rapido check-in con i partecipanti remoti e permettere loro di intervenire senza dover interrompere il flusso.
Scegliere deliberatamente quando e perché incontrarsi trasforma il tempo in ufficio da un obbligo a un’opportunità strategica, massimizzando il valore di ogni interazione faccia a faccia.
Il rischio di valutare le persone su “quante volte le vedo” invece che sui risultati
Uno dei rischi più subdoli del lavoro ibrido è il “proximity bias”, ovvero la tendenza inconscia dei manager a favorire e valutare meglio i dipendenti che vedono più spesso in ufficio. Questo pregiudizio non solo è ingiusto, ma mina alla base la fiducia e la meritocrazia, riportando l’azienda a una cultura del “presenteismo” invece che a una basata sui risultati. Combattere questo bias è una sfida prima culturale che organizzativa. È necessario un cambiamento di mentalità a livello di leadership, spostando il focus dalla quantità di ore passate alla scrivania alla qualità del lavoro prodotto e agli obiettivi raggiunti.
Come sottolinea Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, è il momento di un cambio di paradigma:
È quindi necessario ‘rimettere a fuoco’ lo Smart Working, identificandolo per quello che è realmente: non un compromesso o un male necessario, ma uno strumento di innovazione per ridisegnare la relazione tra lavoratori e organizzazione
– Mariano Corso, Responsabile scientifico Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano
Per un facility manager, supportare questo cambiamento significa fornire ai leader gli strumenti e i dati per una valutazione oggettiva. Questo può includere l’implementazione di dashboard che tracciano il progresso dei progetti (OKR, tassi di completamento) invece dell’utilizzo delle scrivanie. La sfida è passare dalla gestione del tempo a quella degli obiettivi.

In concreto, i manager devono essere formati per valutare le performance su KPI alternativi alla presenza fisica. Alcuni esempi efficaci includono il Net Promoter Score interno (la soddisfazione dei “clienti” interni con cui un dipendente collabora), il tasso di completamento dei task nei tempi concordati, il numero di iniziative proattive proposte o il contributo attivo alla knowledge base aziendale attraverso il mentoring o la documentazione.
Un modello ibrido di successo si fonda sulla fiducia e sulla responsabilità. Il ruolo del management non è controllare, ma abilitare, fornendo obiettivi chiari, feedback costanti e valutando le persone per il valore che creano, indipendentemente da dove lo creano.
Quando abbattere i muri per creare aree social diventa necessario per il rientro?
Se l’ufficio del futuro è un hub per la collaborazione e la socializzazione, il suo design deve riflettere questa funzione. Mantenere un mare di scrivanie individuali che rimangono per lo più vuote è uno spreco di risorse e un’occasione mancata. Il momento di ripensare radicalmente gli spazi arriva quando i dati mostrano un’evidente discrepanza tra l’uso delle postazioni singole e quello delle aree comuni. Un indicatore chiave scatta quando i dati mostrano un tasso di occupazione delle scrivanie inferiore al 50-60%, mentre le poche aree comuni, come la cucina o gli angoli caffè, sono costantemente sovraffollate.
Questo segnale indica che le persone non vengono in ufficio per lavorare isolate, ma per incontrarsi. È il momento di “abbattere i muri” e riconvertire lo spazio dedicato alle scrivanie in aree multifunzionali: zone lounge, aree caffè più ampie, spazi per progetti informali, piccole tribune per presentazioni. Si tratta di importare il concetto di “piazza” italiana all’interno dell’ufficio, creando un cuore pulsante che favorisca incontri spontanei e la costruzione di relazioni.
Un esempio eccellente di questa trasformazione è l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo a Napoli. Riprogettando 1.500 mq nella storica sede di Via Toledo, l’azienda ha creato un hub tecnologico che funziona anche come campus formativo. Gli spazi sono stati pensati per essere fluidi e multifunzionali, promuovendo la condivisione e la collaborazione tra dipendenti, startup e studenti. Questo dimostra come un’istituzione tradizionale possa trasformare i propri spazi per renderli un catalizzatore di innovazione e connessioni umane, anziché un semplice luogo di lavoro.
Investire in aree social non è un vezzo estetico, ma una mossa strategica per rendere l’ufficio una destinazione attraente e funzionale, un luogo dove le persone scelgono di andare per il valore aggiunto che offre in termini di interazione e senso di appartenenza.
Come adeguare la postazione domestica ai requisiti di sicurezza sul lavoro (INAIL)?
Nel modello ibrido, l’ufficio si estende fino alle mura domestiche, e con esso anche le responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza. Secondo il D.Lgs. 81/2008, l’azienda ha l’obbligo di fornire al lavoratore in smart working un’informativa dettagliata sui rischi generali e specifici connessi alla mansione, oltre a garantire una formazione adeguata. Questo non significa che il datore di lavoro debba effettuare un sopralluogo in ogni casa, ma ha un “obbligo di vigilanza” che si traduce nel richiedere al lavoratore una cooperazione attiva.
Il lavoratore, a sua volta, deve attestare che la propria postazione domestica sia conforme ai requisiti minimi di sicurezza. Per l’office manager, questo significa predisporre strumenti semplici ed efficaci per guidare i dipendenti in questa autovalutazione. Una checklist basata sulle direttive INAIL è lo strumento più pratico per formalizzare questo processo e tutelare sia l’azienda che il lavoratore.
Checklist di autocertificazione della postazione domestica (INAIL)
- Spazio e movimento: Verificare di disporre di uno spazio sufficiente attorno alla postazione per consentire cambi di posizione e movimenti agevoli (idealmente almeno 2 mq liberi).
- Illuminazione: Controllare che la postazione sia adeguatamente illuminata, preferibilmente con luce naturale, e che non ci siano riflessi o abbagliamenti sullo schermo del computer. L’illuminazione artificiale deve essere uniforme.
- Ergonomia: Assicurarsi che sedia e scrivania rispettino i principi ergonomici. La sedia deve essere stabile, con altezza regolabile e supporto lombare; il piano di lavoro deve consentire di appoggiare gli avambracci e mantenere una postura corretta.
- Impianto elettrico: Verificare che l’impianto elettrico della stanza sia a norma, con prese non danneggiate e la presenza di un interruttore differenziale (salvavita) funzionante nell’impianto generale dell’abitazione.
- Documentazione: Scattare una o due fotografie della postazione allestita da allegare al modulo di autocertificazione, come prova documentale della conformità dichiarata.
Oltre agli obblighi di legge, l’azienda può supportare attivamente i dipendenti attraverso soluzioni di welfare, come l’erogazione di un budget annuale per l’acquisto di arredi ergonomici o la stipula di convenzioni con negozi specializzati. Queste iniziative non solo migliorano la sicurezza, ma aumentano anche il benessere e l’engagement dei collaboratori.
Un approccio proattivo alla sicurezza da remoto dimostra un’attenzione concreta al benessere delle persone, rafforzando il patto di fiducia che è alla base dello smart working.
Fare tutto insieme o una cosa alla volta: quale approccio chiude i progetti in metà tempo?
L’efficienza nel lavoro ibrido non deriva dal fare più cose contemporaneamente, ma dal fare la cosa giusta al momento giusto e nel posto giusto. L’approccio “tutto insieme”, con team costantemente in riunione, genera caos e burnout. L’approccio “una cosa alla volta”, basato sulla sincronicità mirata, permette di ottimizzare tempi e risorse. Si tratta di alternare momenti di lavoro individuale e concentrato (deep work), idealmente svolti da remoto, a momenti di collaborazione intensa e strategica, da svolgere in presenza.
Organizzare la settimana lavorativa secondo questa logica può portare a un’accelerazione significativa dei progetti. Un modello efficace, adottato da molte aziende, prevede di dedicare i giorni centrali della settimana (martedì, mercoledì, giovedì) alla presenza in ufficio per attività collaborative, e i giorni di inizio e fine settimana (lunedì, venerdì) al lavoro da remoto per la pianificazione individuale e il lavoro di concentrazione.
Questa strutturazione settimanale non è una regola rigida, ma una griglia flessibile che aiuta a orchestrare le energie del team.
| Giorno | Modalità consigliata | Tipo di attività |
|---|---|---|
| Lunedì/Venerdì | Remoto | Deep work, planning individuale, reportistica |
| Martedì/Giovedì | Presenza in ufficio | Collaborazione, riunioni strategiche, brainstorming |
| Mercoledì | Flessibile | Formazione, riunioni 1-to-1, incontri con clienti |
Questo modello si sposa perfettamente con le metodologie agili come Scrum. L’azienda italiana Antos, ad esempio, ha adattato con successo il suo processo Scrum al lavoro ibrido: i Daily Stand-up, rapidi e di allineamento, si svolgono efficacemente da remoto ogni mattina. Le cerimonie più importanti per l’interazione del team, come la Sprint Review (presentazione del lavoro fatto) e la Sprint Retrospective (analisi critica del processo), vengono invece programmate nei giorni di presenza per massimizzare il confronto e il feedback.
Alternare strategicamente deep work e collaborazione, assegnando a ciascuna modalità il setting ideale, non solo migliora la produttività, ma anche il benessere del team, riducendo la “Zoom fatigue” e rendendo il tempo in ufficio più significativo.
Punti chiave da ricordare
- L’ufficio ibrido non è un obbligo, ma una destinazione strategica: il suo valore sta nell’offrire spazi e opportunità che la casa non può dare.
- Il design basato sull’attività (Activity-Based Working) è la bussola: prima si definisce “cosa” si deve fare, poi si decide “dove” farlo.
- La tecnologia è un supporto, non la soluzione: un’app di prenotazione è utile solo se inserita in una strategia chiara e condivisa di utilizzo degli spazi.
Come costruire una cultura aziendale che attiri la Gen Z senza alienare i senior?
La sfida finale del lavoro ibrido è culturale: creare un ambiente che sia attrattivo per i talenti emergenti della Generazione Z, abituati alla flessibilità e al digitale, senza però scontentare o far sentire obsoleti i collaboratori senior, depositari di un’esperienza e di una conoscenza strategica insostituibili. Con un turnover generazionale imminente in molti settori, come quello che vedrà 682mila dipendenti della PA italiana da sostituire entro il 2028, costruire un ponte tra le generazioni è una priorità strategica.
La soluzione non è creare due culture parallele, ma una cultura unica che valorizzi sia l’innovazione che la tradizione. Un esempio eccellente è il programma di reverse mentoring. Nel campus Talent Garden di Napoli, supportato da Intesa Sanpaolo, sono stati avviati programmi in cui i giovani talenti formano i manager e i dipendenti senior sull’utilizzo di nuovi tool digitali, mentre i senior trasmettono loro la conoscenza profonda del settore e la visione strategica. Questo scambio reciproco crea rispetto, abbatte le barriere e produce un valore tangibile per l’azienda.
Per un office manager, supportare questa cultura intergenerazionale significa progettare spazi e iniziative che favoriscano l’incontro e lo scambio. Ecco alcune strategie pratiche:
- Creare team di progetto intergenerazionali per affrontare sfide strategiche, mescolando nuove competenze e profonda esperienza.
- Documentare e celebrare la storia aziendale utilizzando format moderni (podcast con i fondatori, video-interviste ai dipendenti storici) per renderla accessibile ai nuovi arrivati.
- Offrire percorsi formativi differenziati che rispondano sia alla necessità di digital upskilling dei senior, sia alla richiesta di mentorship strategica dei più giovani.
- Progettare spazi di lavoro che offrano un mix di ambienti: aree focus per chi ha bisogno di concentrazione, e aree social e tecnologiche per chi cerca interazione e stimoli.
Una cultura aziendale forte nel modello ibrido è quella che riconosce che l’esperienza non ha età e che l’innovazione può venire da chiunque. Il vostro ruolo è creare il terreno fertile affinché questo scambio avvenga ogni giorno. Iniziate oggi stesso a mappare le attività del vostro team per trasformare il vostro ufficio da un semplice spazio a un vero motore di crescita e collaborazione.
Domande frequenti su gestione dei turni e lavoro ibrido
Quali sono gli obblighi del datore di lavoro secondo il D.Lgs. 81/2008?
Il datore deve fornire l’informativa sui rischi, garantire la formazione sulla sicurezza e ha l’obbligo di vigilanza, mentre il lavoratore deve cooperare e attestare l’idoneità della postazione.
Quando un infortunio domestico è considerato ‘in itinere’ secondo INAIL?
È considerato in itinere quando avviene durante spostamenti necessari per l’attività lavorativa, come recuperare documenti di lavoro in un’altra stanza durante l’orario di lavoro.
Quali soluzioni di welfare aziendale possono supportare il lavoro da casa?
Budget annuale per arredi ergonomici, convenzioni con negozi specializzati, consulenze con fisioterapisti o esperti di ergonomia per ottimizzare la postazione.